Publiccato su Act for freedom now! (riletto da Anarchist Bure Cross)
Scrivo per condividere qualche riflessione e dare delle notizie.
Vorrei cominciare con qualcosa che illustra bene i metodi del sistema giudiziario.
Qualche giorno dopo il mio arresto, la giudice che ha istruito l’inchiesta, Stéphanie Lahaye, ha mandato due sbirri della SDAT [la Sotto-Direzione Antiterrorismo della polizia giudiziaria] (fra cui l’ufficiale di polizia giudiziaria «RIO 1237232» – come macchine, hanno dei numeri al posto dei nomi) per interrogare mia figlia e sua madre. Obbedendo ai suoi ordini, alle procedure della giustizia dello Stato, hanno cercato di fare pressione su una ragazzina di 12 anni. Avrebbero voluto interrogarla da sola. Evidentemente, sua madre ha rifiutato di lasciarla.
Una procedura ordinarla, banale, un atto necessario per stabilire la verità, secondo giudici e sbirri. Un modo, secondo me, di cercare di diffondere il timore. Un avvertimento per i miei cari e per tutti, perché, nella logica inquisitrice della Giustizia, le persone che restano o che si mettono a fianco di un anarchico accusato di azioni dirette sono sospette e devono essere importunate.
È un po’ la stessa logica che è stata utilizzata contro di me. Quando la stessa ufficiale di polizia giudiziaria, durante gli interrogatori mentre ero in stato d’arresto, mi chiedeva, mi rimproverava di aver apportato il mio sostegno ad anarchici incarcerati, in Francia e in altri Paesi. Di aver scritto loro e ogni tanto aver mandato loro un po’ di soldi. Certo, ho scritto spesso a numerosi compas incarcerati e ho fatto del mio meglio per esprimere loro la mia solidarietà. Perché sono anarchici e anche perché sono convinto della giustezza e della necessità delle azioni di cui alcuni di loro sono accusati.
Penso che la solidarietà, con tutti i mezzi necessari, con dei compas colpiti dalla repressione, sia fondamentale. Evitare di solidarizzarsi apertamente con loro, per paura che la repressione si estenda, significherebbe entrare nel gioco della Giustizia, accettare la sua logica. Una logica che ci farebbe arretrare sempre di più, fino ad abbandonare, o quasi, i rivoluzionari imprigionati.
Ma veniamo ora ai fatti per i quali sono attualmente in detenzione preventiva. Ecco l’elenco degli incendi:
Come dicevo nella mia prima lettera, sono anche «témoin assisté» [uno statuto intermedio fra semplice testimone e accusato] in un’altra inchiesta, cominciata dalla polizia giudiziaria di Parigi. Questa si incentra su 53 incendi di veicoli, rivendicati da anarchici, fra 2017 e 2021. Non so altro su questa parte del caso.
In questo elenco ci sono delle auto d’istituzioni statali straniere (o dei loro alti funzionari), nei quartieri ricchi di Parigi. Incendi che devono dare un’immagine «così così» della Francia, di fronte al personale diplomatico dei suoi partner internazionali. Da parte mia (e so che non sono il solo), penso che tutti gli Stati sono i responsabili diretti delle guerre, dello sfruttamento, della repressione subiti da miliardi di persone. Potremmo vedere questi incendi come dei piccoli ritorni di fiamma. In attesa di meglio.
Ci sono anche dei veicoli di ricchi e di grandi imprese, per esempio del settore dell’energia (come Enedis, filiale d’EDF [l’ENEL francese]). Delle società che, con la scusa della «sovranità energetica», provocano le nocività nucleari di oggi, i possibili disastri nucleari di domani. Ci sono delle imprese che ci rincoglioniscono con la loro propaganda dei valori capitalisti e statali (come il quotidiano l’Est Républicain) o che ci rinchiudono nella tela di ragno digitale (come SFR).
Ognuna di queste azioni è stata spiegata da una rivendicazione e io non ho nulla da aggiungere. Per quanto mi riguarda, non posso che sostenere con tutto il cuore la pratica dell’azione diretta distruttiva. Sostengo la scelta degli obiettivi di questi attacchi, le loro motivazioni ed il fatto di rivendicarli apertamente come contributi alla lotta anarchica contro lo Stato ed il sistema capitalista. Stessa cosa per la pratica della solidarietà internazionalista con degli anarchici imprigionati, che queste azioni hanno spesso espresso.
Per le notizie:
Il 5 ottobre passerò davanti al Giudice delle Libertà e della Detenzione, che deciderà se prolungare la preventiva oppure lasciarmi uscire.
La nuova giudice istruttrice che si occupa del mio caso (la precedente ha cambiato posto) è Anne Grandjean, sempre al tribunale di Bobigny.
La mia posta (in entrata e in uscita) è sempre bloccata, questo dal 19 luglio. A quanto pare, dovrebbe sbloccarsi presto (bon, bisogna tenere conto della lentezza della burocrazia giudiziaria). In ogni caso, appena potrò riceverla, cercherò di rispondere ad ogni persona che mi ha scritto, che ringrazio in anticipo.
Il dossier dell’inchiesta è stato depositato all’ufficio della prigione, quindi potrò (sempre tenendo conto della lentezza della burocrazia carceraria) sapere un po’ di più di quello che dicono gli sbirri.
I miei ringraziamenti di tutto cuore vanno ai miei cari, ai compas dell’Anarchist Bure Cross, alla Cassa Antirepressione delle Alpi Occidentali (anche per la loro gentile disponibilità finanziaria). E a tutti/e voi che mi avete scritto!
Una strizzata d’occhio a quelli e quelle che esprimono la loro solidarietà attraverso gli atti, come il bello striscione a Bure e quello vicino a Caen, i cartelloni all’arrivo del Tour de France, l’incendio di un furgoncino di Vinci a l’Hay-les-Roses, di un veicolo dell’impresa di telecomunicazioni Cosmote, ad Atene, di un ripetitore telefonico a Barcellona e pure la devastazione di alcuni ripetitori telefonici nel Gers. Grazie!
Un abbraccio fraterno ai compagni e alle compagne anarchici rinchiusi nelle prigioni del mondo intero, in special modo ad Alfredo, che lotta contro il 41 bis.
Viva l’anarchia!
Ivan
Villepinte, 25 settembre 2022
Per scrivermi:
Ivan Alocco
n. d’écrou 46355
M. A. de Villepinte
40, avenue Vauban
93420 – Villepinte
Francia
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